Sono invisibile.
Lo sospettavo da piccolo, quando per educazione dovevo scansarmi incrociando una signora per strada; ne ho avuto la certezza in questi giorni, camminando per recarmi al lavoro, con un libro aperto fra le mani e lo sguardo basso ed assorto. Novello Don Abbondio.
Cammino rasente al muro, lasciando libero tutto il marciapiede, cammino sul filo d’ombra proiettato dai palazzi, così come dicevano facesse Mariolino Corso, che nell’Inter giocava sempre sul lato del campo riparato dal sole.
Una volta mi chiedevo perché le formiche, avendo a disposizione un mondo cento volte più grande del nostro, giardini grandi come continenti, pianticelle grandi come sequoie americane e laghi immensi come pozzanghere, si ostinassero a camminare in fila indiana rasente i muri.
Ora sono adulto e me lo chiedo degli uomini, sempre di corsa, in equilibrio sul loro tragitto, ben decisi a difendere il diritto di passaggio.
Anche le formiche, sempre così indaffarate, ogni tanto si scontrano e probabilmente con i loro gesti semplici e il loro linguaggio misterioso si scambiano reciproche e rispettose scuse, riprendendo a scorrere lungo il filo della vita.
Io, dopo alcuni milioni di anni di evoluzione, dai miei simili posso aspettarmi solo un’occhiataccia e un “Perché non guarda dove va?”
Io stavo leggendo, la sua scusa qual’è?
E sul mio blog del cinema trovate:
Is-Slottet
… per sapere cosa stavo leggendo.